Contro il coronavirus un piano di aiuti sistematico, anche se non ancora definitivo.| Studio Legale Menichetti

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Dopo essere stato preannunciato dal Premier Conte al termine della riunione del Consiglio dei Ministri di lunedì 16 marzo, finalmente è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 70 del 17.03.2020 il D.L. n. 18 del 2020, già noto a tutti come decreto “Cura Italia”.

Tale apparato normativo – che in parte riprende, estendendole a tutto il Paese, le disposizioni già contenute nel D.L. n. 9/2020 riguardanti le c.d. “zone rosse” e “zone gialle” di Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna – si aggiunge alle disposizioni emergenziali già emanate dal Governo nelle scorse settimane per fronteggiare l’emergenza sanitaria (o pandemia, come definita dall’OMS) collegata alla rapida ed inaspettata diffusione, anche in Italia, del Covid-19.

Rispetto ai precedenti interventi normativi, il decreto in commento è caratterizzato da un’impostazione più sistematica, disciplinando diversi aspetti della vita delle famiglie e delle imprese, a differenza della parcellizzazione e settorializzazione dei decreti susseguitisi da fine febbraio ad oggi.

Il decreto Cura Italia interviene, infatti, principalmente nelle seguenti macro-tematiche:

a) finanziamento e altre misure per il potenziamento del Sistema sanitario nazionale, della Protezione civile e degli altri soggetti pubblici impegnati sul fronte dell’emergenza;
b) sostegno all’occupazione e ai lavoratori per la difesa del lavoro e del reddito;
c) supporto al credito per famiglie e micro, piccole e medie imprese, tramite il sistema bancario e l’utilizzo del fondo centrale di garanzia;
d) sospensione degli obblighi di versamento per tributi e contributi nonché di altri adempimenti fiscali,
e) previsione di incentivi fiscali per la sanificazione dei luoghi di lavoro e premi ai dipendenti che restano in servizio.
Per quanto maggiormente interessa in questa sede, le misure a sostegno del lavoro sono contenute nel Titolo II, Capo I e Capo II, artt. 19-48.

In sintesi, le misure varate dal Governo prevedono la possibilità di estensione della cassa integrazione in deroga all’intero territorio nazionale, per i dipendenti di tutti i settori produttivi ed a seguito di autorizzazione delle Regioni competenti per territorio.

I datori di lavoro, comprese le aziende con meno di 5 dipendenti, che sospendono o riducono l’attività lavorativa “per eventi riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19, possono presentare domanda di concessione del trattamento ordinario di integrazione salariale o di accesso all’assegno ordinario con causale “emergenza COVID-19”, per periodi decorrenti dal 23 febbraio 2020 per una durata massima di nove settimane e comunque entro il mese di agosto 2020” (art.19, c. 1).

Tale possibilità viene estesa anche alle imprese che già beneficiano della CIGS (art. 20) ed ai “datori di lavoro, iscritti al Fondo di integrazione salariale, che alla data di entrata in vigore del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, hanno in corso un assegno di solidarietà” (art. 21).

Successivamente alla disciplina degli ammortizzatori sociali, il decreto Cura Italia ha predisposto “norme speciali in materia di riduzione dell’orario di lavoro e di sostegno ai lavoratori” (Capo II), tra le quali spiccano disposizioni in materia di congedi parentali a vantaggio dei dipendenti. I genitori lavoratori, infatti, a seguito della sospensione del servizio scolastico, potranno usufruire, se hanno figli con non più di 12 anni d’età o affetti da grave ed accertata disabilità, del congedo parentale per 15 giorni aggiuntivi al 50% del trattamento retributivo oppure, in alternativa, di un bonus per l’acquisto di servizi di baby-sitting nel limite di 600 euro (che diventano € 1.000 per il personale del Servizio sanitario nazionale e le Forze dell’ordine).

È poi aumentato anche il “numero di giorni di permesso retribuito” ex art. 33, c. 3, L. 104/1992, che è “… incrementato di ulteriori complessive dodici giornate usufruibili nei mesi di marzo e aprile 2020” (art. 23).

Inoltre, non va dimenticato che il periodo trascorso in quarantena o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva per Covid-19 è stato equiparato alla malattia anche per il settore privato (come già era stato previsto per i lavoratori del settore pubblico) e, soprattutto, non si computa nel periodo di comporto (art. 26).

Segue poi lo stanziamento di un indennizzo per diverse categorie di lavoratori autonomi (professionisti, co.co.co., iscritti alle gestioni speciali dell’AGO) e subordinati (operai agricoli e lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti balneari), nella misura di 600 euro, su base mensile, non tassabile (“… non concorre alla formazione del reddito ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”) e soggetto al principio dell’incumulabilità (cfr. art. 31: “Le indennità di cui agli articoli 27, 28, 29, 30 e 38 non sono tra esse cumulabili e non sono altresì riconosciute ai percettori di reddito di cittadinanza…”).

Per gli esclusi dal predetto indennizzo, compresi i professionisti iscritti agli ordini, invece, è istituito un Fondo per il reddito di ultima istanza (art. 44, c. 1), con una dotazione di 300 milioni di euro come fondo residuale.

Inoltre, per i lavoratori aventi diritto d’accedere al trattamento NASpI (la vecchia indennità di disoccupazione) – ossia coloro che, non per loro volontà, hanno perduto l’occupazione – e DIS-COLL, i termini di presentazione delle relative domande all’INPS (previsti, a pena di decadenza dal D. Lgs. N. 22/2015) sono stati “ampliati da sessantotto a centoventotto giorni”.

Interessanti anche le misure di promozione del ricorso alla modalità di Lavoro Agile, già disciplinata dalla legge 22.05.2017 n. 81 e guardata con favore nei precedenti interventi legislativi emergenziali). Infatti “fino alla data del 30 aprile 2020, i lavoratori dipendenti disabili nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992,n.104 o che abbiano nel proprio nucleo familiare una persona con disabilità nelle condizioni di cui all’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, hanno diritto a svolgere la prestazione di lavoro in modalità agile …, a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione” mentre “ai lavoratori del settore privato affetti da gravi e comprovate patologie con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile …”.

Dopo la disciplina della sospensione dell’attività dei Comitati centrali e periferici dell’Inps fino al 01.06.2020 (art. 41) e la sospensione dei termini di decadenza e prescrizione “relativi alle richieste di prestazioni erogate dall’INAIL” dal 23.02.2020 al 01.06.2020 (art. 42), una norma di notevole impatto pratico, quasi in chiusura delle misure a sostegno del lavoro, è quella contenuta nell’art. 46, relativa alla “Sospensione delle procedure di impugnazione dei licenziamenti”.

Infatti “a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto l’avvio delle procedure di cui agli articoli 4, 5 e 24, della legge 23 luglio 1991, n. 223 è precluso per 60 giorni e nel medesimo periodo sono sospese le procedure pendenti avviate successivamente alla data del 23 febbraio 2020”. Quanto sopra vale per le procedure di licenziamento collettivo; ma anche per i licenziamenti individuali è stato disposto che “sino alla scadenza del suddetto termine, il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604”.

Infine, per quel che concerne le misure di sostegno al lavoro, pur essendo collocata nelle “Misure fiscali a sostegno della liquidità delle famiglie e delle imprese”, va segnalata la disposizione di cui all’art. 63, grazie alla quale i lavoratori dipendenti con un reddito complessivo annuo inferiore ad € 40.000 hanno diritto ad un premio (esentasse) “… per il mese di marzo 2020, che non concorre alla formazione del reddito, pari a 100 euro da rapportare al numero di giorni di lavoro svolti nella propria sede di lavoro nel predetto mese”. (ET)

 

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