Diritto sindacale e delle relazioni industriali - Intervista avv. Lorenzo Cantone| Studio Legale Menichetti

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In tema di rappresentanza sindacale, quali sono stati i cambiamenti più importanti degli ultimi anni sul piano legislativo?

Contrariamente a tante altre branche del nostro diritto, che vedono troppo spesso una attività del Legislatore sovrabbondante per quantità, ma scarsa per qualità e chiarezza, il nostro diritto sindacale è caratterizzato da un intervento legislativo prestigioso quanto a fonti, ma modesto sul piano quantitativo, essendo disciplinato da due articoli della Costituzione  e dai 40 articoli della legge n. 300 del 1970, meglio nota come Statuto dei lavoratori. L’art. 39 della Costituzione, secondo il quale i sindacati, in quanto registrati e dotati di personalità giuridica, avrebbero dovuto costituire, in proporzione ai loro iscritti, una rappresentanza unitaria dei lavoratori in grado di stipulare contratti collettivi validi per l’intera categoria, non ha mai avuto attuazione legislativa. Così oggi ci troviamo con dei sindacati che, nonostante l’indubbia importanza sociale e politica, sono giuridicamente delle associazioni non riconosciute  che possono essere presenti sul luogo di lavoro per il tramite di rappresentanze sindacali aziendali, organizzazioni di ogni singolo sindacato costituite su base paritetica ed a prescindere dal numero di iscritti, su decisione dei vertici provinciali.
Ciò ha fatto dubitare della sussistenza di una vera democrazia sindacale, tanto che oggi si stanno sperimentando delle rappresentanze sindacali unitarie, previste non da norme legislative ma da protocolli sindacali interconfederali, composte da membri eletti direttamente dai lavoratori delle singole unità produttive.

Quindi il parlamento ha lavorato poco, almeno per la materia del diritto sindacale?

Sì, possiamo dire così. Ma, dove manca il legislatore, inevitabilmente supplisce la giurisprudenza. In questa materia, infatti, è particolarmente importante fare riferimento alle sentenze più recenti della Corte di Cassazione e dei giudici di merito.  

Quanta influenza ha, oggi, la concertazione tra le parti sulle scelte legislative? 

La cosiddetta concertazione non è prevista dalle leggi ma è un portato storico dell’influenza politica che i sindacati hanno vieppiù assunto. La situazione che è da qualche decennio davanti ai nostri occhi è per molti aspetti originale: il sindacato non vuole che il legislatore vada a disciplinare la sua attività istituzionale, tanto da lasciare inapplicata la norma costituzionale dell’art. 39, ma pretende di intervenire sulle decisioni del parlamento e del governo che non riguardano direttamente la materia sindacale.

Nel nuovo scenario caratterizzato da un’estrema frammentazione delle tipologie di lavoratori, è ancora forte il concetto di interesse collettivo?

E’ stato superato il corporativismo e sta forse passando di moda il classismo. Ma lo spirito di colleganza è sempre vivo, naturalmente. Gli interessi collettivi ci sono ancora. Ma è più difficile organizzarli nei rapporti di lavoro autonomo e parasubordinato. La moltiplicazione delle tipologie contrattuali comporta anche una modificazione dei modelli organizzativi sindacali.

Quanto incide la mancanza di una rete di protezione sindacale sulla situazione del lavoratore parasubordinato?

Il lavoratore parasubordinato, così come il lavoratore subordinato in un’epoca che richiede maggiore flessibilità, ha bisogno non solo –o forse non tanto- di protezione sindacale- quanto di protezione sociale. Una protezione sociale che non può essere posta solo a carico delle aziende, fatta di ammortizzatori sociali che sopperiscano alle minori garanzie del lavoro parasubordinato così come alla maggiore flessibilità del lavoro dipendente.

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