Green pass: chiedere è lecito| Studio Legale Menichetti

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Il datore di lavoro, prima del 15 ottobre, può chiedere informazioni ai suoi collaboratori

In questi giorni molti datori di lavoro stanno chiedendo – o vorrebbero chiedere - preventivamente ai loro dipendenti se a partire dal 15 ottobre avranno o meno il green pass imposto dal DL 227/2021 per accedere sul luogo di lavoro. Non perché vogliano farsi i fatti altrui, ma per organizzare il lavoro e persino i controlli inerenti al possesso del green pass che sono obbligati ad effettuare, pena pesanti sanzioni. Infatti, se i soggetti incaricati dell’accertamento fossero senza green pass come sarebbe possibile effettuare i dovuti controlli? E, tanto per fare un esempio, come potrà aprire un negozio se l’unico commesso non avrà la certificazione verde?

Al riguardo, iniziamo con l’osservare come il quinto comma dell’art. 1 del Decreto Legge 227/2021 preveda che “I datori di lavoro di cui al comma 4, primo periodo, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l'organizzazione delle verifiche di cui al comma 4 (…) individuano con atto formale i soggetti incaricati dell'accertamento e della contestazione delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2”.

L’organizzazione prevista – anzi, imposta – dalla predetta norma non può non presupporre anche l’informazione da parte del datore di lavoro sulla situazione relativa all’organico ed alla forza lavoro a sua disposizione per rendere possibile l’attività lavorativa e gli stessi accertamenti previsti dal Legislatore.

Del resto il sesto comma del citato art. 1 del DL espressamente prevede la possibilità che il dipendente comunichi preventivamente il mancato possesso del green pass (come sarebbe conforme a correttezza e buona fede, ai sensi del combinato disposto degli artt. 1175 e 1375 c.c. ed al fine di non danneggiare il datore di lavoro e l’organizzazione aziendale) laddove statuisce che “Il personale di cui al comma 1, nel caso in cui comunichi di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risulti privo della predetta certificazione al momento dell'accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, è considerato assente ingiustificato”.

In ogni caso, la richiesta preventiva, rivolta al dipendente da parte del datore di lavoro, in relazione al possesso del green pass appare del tutto lecita anche in base alla normativa sulla Privacy, corrispondendo, ai sensi art. 6, par. 1, lett. f) del GDPR (Regolamento UE 679/2016), con il legittimo interesse del datore di lavoro di organizzare l’attività d’impresa.

Peraltro, il sesto capoverso del citato art. 1 del D.L. in questione prevede che “Il Presidente del Consiglio dei ministri … può adottare linee guida per la omogenea definizione delle modalità organizzative di cui al primo periodo”.

In assenza di dette linee guida, non si può di certo imputare al datore di lavoro di “organizzarsi”, come è tenuto a fare, anche chiedendo ai lavoratori se sono muniti o intendono munirsi di green pass o tampone, o se siano in possesso di certificazione che li esenta.

In questo senso sembrano andare, del resto, anche le Linee Guida della Confindustria, secondo le quali, pur non essendo possibile acquisire preventivamente il green pass o dichiarazioni in ordine alla sua tipologia, sarebbe consentito al datore di lavoro di richiedere al lavoratore, in un’ottica organizzativa, di comunicare preventivamente, quanto meno con riferimento a uno specifico periodo di interesse (es. settimana/mensilità), se non sarà in possesso della certificazione richiesta per l’accesso ai luoghi di lavoro, senza che questa richiesta esoneri il datore di lavoro dal controllare poi i collaboratori che accedono ai luoghi di lavoro. (LC – OC)

 

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