Jobs Act - atto secondo: le tutele crescenti | Studio Legale Menichetti

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Nell’ambito della riforma del lavoro denominata Job Acts, sono dunque stati emanati i decreti legislativi in materia di:

1) contratti a tutele crescenti (nuova regolamentazione dei licenziamenti per i futuri contratti di lavoro a tempo indeterminato);

2) nuova Aspi (riforma degli ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione).

Mentre quest’ultima (detta anche NASPI) va a modificare i sussidi di disoccupazione, il contratto a tutele crescenti incide radicalmente sulla disciplina dei contratti a tempo indeterminato dei neoassunti, ai quali non si applicherà più, di regola, né l’art. 18 in caso di licenziamento, né il rito Fornero per ciò che concerne le cause di impugnazione.

Nella stessa azienda, quindi, i lavoratori saranno tutelati in maniera diversa, in caso di recesso datoriale, a seconda della data di assunzione (prima o dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo in oggetto).

Nel caso di licenziamenti illegittimi (giusta causa, giustificato motivo soggettivo e oggettivo), comminati da aziende con requisiti dimensionali per i quali troverebbe applicazione l’art. 18, il lavoratore neo assunto non potrà più, con poche eccezioni (licenziamento verbale o discriminatorio, licenziamento disciplinare basato su un fatto non veritiero o per inidoneità psico-fisica in realtà insussistente), ottenere la reintegra. Gli può essere riconosciuta solo una indennità non soggetta a contribuzione previdenziale, nella misura di due mensilità per ogni anno di lavoro, comunque non inferiore a 4 e non superiore a 24 mensilità.

L’indennità è ancora minore (una mensilità per anno di lavoro, con un minimo di 2 ed un massimo di 12 mensilità), rispetto a quanto sopra previsto, nei casi di licenziamento senza motivazione o con violazione della procedura disciplinare.

E’ stata altresì introdotta una sorta di “indennità concordata” (in sede di conciliazione tra azienda e dipendente) pari a 1 mensilità per ogni anno e comunque variabile da 2 a 18 mensilità, non soggetta né a contribuzione né a imposta fiscale, la cui corresponsione comporta l’estinzione del rapporto dal licenziamento e la rinuncia, da parte del lavoratore, alla eventuale impugnazione

Nelle piccole imprese (aziende prive dei requisiti dimensionali che rendevano applicabile l’art. 18), la reintegra è prevista solo per il licenziamento nullo o discriminatorio e l’indennità è minore (una per ogni anno di servizio e comunque da 2 a massimo 6 mensilità).

In caso di licenziamenti collettivi, la reintegra è possibile solo per assenza di forma scritta, mentre nei casi di violazione delle procedure previste o dei criteri di scelta, il lavoratore può ottenere solo l’indennità crescente di cui sopra (2 mensilità per anno, con un minimo di 4 ed un massimo di 24).

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