Reintegrazione per il licenziamento comunicato in ritardo. | Studio Legale Menichetti

Magazine

Reintegrazione per il licenziamento comunicato in ritardo. Ma solo nel caso di specifica previsione del contratto collettivo.

La sentenza della Cassazione 3-9-2018 n. 21569 desta il nostro imteresse in quanto sembra affermare che il licenziamento disciplinare irrogato oltre il termine previsto dal contratto collettivo sia sempre da considerarsi illegittimo per insussistenza del fatto contestato (sul presupposto che il datore di lavoro avrebbe implicitamente accolto le giustificazioni del lavoratore), con conseguente diritto del dipendente alla reintegra ex quarto comma dell’art. 18 invece che alla sola tutela risarcitoria, pari a 6 mensilità, prevista dal sesto comma del predetto articolo nei casi di licenziamento inefficace per il mancato rispetto di un termine procedurale.

Nel caso di specie il datore di lavoro aveva irrogato il recesso dopo che era scaduto il termine di 10 giorni lavorativi successivi alle giustificazioni previsto dall’art. 21, n. 2, co. 3, del c.c.n.I. gas acqua del 2011.

Apparendo evidente che il datore di lavoro avesse violato un termine procedurale, può apparire di primo acchito ben strano che la conseguenza non sia la predetta inefficacia bensì la ben più grave nullità del licenziamento.

L’apparente arcano trova spiegazione nel fatto che la norma collettiva, nel caso di specie, non si limitava a prevedere un termine per l’irrogazione del licenziamento ma attribuiva espressamente un ben preciso significato al ritardo del datore di lavoro, stabilendo che trascorso il termine previsto "tali giustificazioni si riterranno accolte".

Secondo la sentenza in esame, la norma contrattuale, nel momento in cui ricollega al ritardo la conseguenza di un'accettazione delle giustificazioni, ancorché inserita in un contesto di norme procedurali, ha rango di norma sostanziale che regola il corretto esercizio del potere di recesso datoriale.

Una decisione destinata a far discutere e che sembra in parte vanificare la portata delle modifiche a suo tempo apportate all’art. 18 dalla legge Fornero, che ha previsto, per l’appunto, la mera tutela risarcitoria nel caso di violazioni procedurali, che comportano sempre la illegittimità del recesso ed il venir meno della potestà sanzionatoria in capo al datore di lavoro ma costituiscono senz’altro fattispecie meno gravi rispetto al recesso comminato senza la effettiva sussistenza di una giusta causa.

Detta sentenza sembra ance contraddire le Sezioni Unite, le quali, in relazione a situazioni del tutto analoghe, risolvendo il contrasto interpretativo sorto in merito al regime sanzionatorio da applicare ai licenziamenti illegittimi per tardività della contestazione disciplinare, statuiva che “la dichiarazione giudiziale di risoluzione del licenziamento disciplinare conseguente all'accertamento di un ritardo notevole e non giustificato della contestazione dell'addebito posto a base del provvedimento di recesso, ricadente, in base al tempo nella disciplina dell'articolo 18 della legge 300/1970, come modificato dalla riforma Fornero legge 92/2012, articolo 1 comma 42) comporta l'applicazione della sanzione dell'indennità prevista dal quinto comma dell'articolo 18; non spetta, invece, la reintegrazione sul posto di lavoro, in quanto tale sanzione si applica a fattispecie diverse e più gravi” (cfr. Cassazione civile, sez. un., 27/12/2017, n. 30985). (LC)

Ruota il dispositivo!