Riforma Fornero in breve| Studio Legale Menichetti

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La riforma del lavoro Fornero (legge n. 92/2012) si ispira all'intenzione di aumentare la flessibilità del lavoro, sia in entrata che in uscita.

Per ciò che concerne la flessibilità in entrata, si segnala che non servirà alcuna causale per il primo contratto a termine la cui durata non superi i dodici mesi (non ammesse proroghe). La durata massima dei contratti a termine, contando anche i rapporti di somministrazione a termine, resta di trentasei mesi, con una tolleranza di 30 giorni per i contratti sino a sei mesi e di 50 giorni per quelli di durata maggiore. La riassunzione a termine è consentita dopo 60 giorni per i contratti di durata non superiore ai sei  mesi e dopo 90 giorni per i rapporti di durata superiore ai sei mesi.

Ma sono previste norme più restrittive per i nuovi co.co.co., in quanto si presumerà il rapporto di lavoro subordinato in tutti i casi nei quali le attività svolte vengono prestate con modalità analoghe a quelle dei dipendenti della committente. Il co.co.pro, inoltre, deve contenere un progetto specifico (non semplicemente l'attività oggetto sociale della committente né la mera indicazione di prestazioni esecutive o ripetitive) con indicazione - e questa è la vera novità - anche del risultato finale che si intende conseguire. I compensi dei lavoratori co.co.co non può essere inferiore ai minimi previsti per analoghe attività dai contratti collettivi.

Flessibilità in uscita. A partire dal 18 luglio, la comunicazione del licenziamento dovrà contenere sempre la comunicazione dei motivi, l'impugnazione stragiudiziale dello stesso deve essere effettuata entro 60 giorni e quella giudiziale entro 180 giorni dalla impugnazione stragiudiziale.

Viene introdotto un rito speciale, con una prima fase di tutela urgente ed una seconda fase (eventuale) di merito che viene radicata con l'opposizione alla precedente decisione (di accoglimento o rigetto che sia).

Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (quello che la stampa chiama "licenziamento economico) deve essere preceduto da una comunicazione alla Direzione Territoriale del Lavoro, la quale, nei successivi sette giorni, convoca lavoratore e datore di lavoro per un procedimento di conciliazione, che deve concludersi entro 20 giorni dalla convocazione.

Ai sensi del nuovo art. 18, come riformato dalla legge in esame, il licenziamento economico (per giustificato motivo oggettivo), da impugnarsi nei termini di cui sopra, può essere sanzionato con la reintegra (alla quale si aggiunge un risarcimento non superiore alle dodici mensilità, con detrazione di aliunde perceptum ed aliunde percipiendum) solo qualora il giudice accerti la "manifesta infondatezza" del fatto posto alla base del licenziamento.

Anche per il licenziamento per giusta causa e giustificato motivo soggettivo non è sempre ammessa la reintegra, prevista solo (con il limitato risarcimento di cui sopra) qualora i fatti contestati non sussistano o il lavoratore non li ha commessi, o il fatto è sanzionabile con una sanzione conservativa dal contratto collettivo.

La reintegra è ammessa ancora nel caso di licenziamento collettivo comminato violando i criteri di scelta (sempre con risarcimento massimo pari a 12 mensilità), per il licenziamento intimato senza forma scritta e per il licenziamento discriminatorio. Questi ultimi due licenziamenti, ai sensi del nuovo primo comma dell'art. 18, vengono sanzionati anche con il risarcimento non inferiore a 5 mensilità (dedotto l'aliunde perceptum e non l'aliunde percipiendum) e con possibilità di optare per 15 mensilità).

E' previsto il solo risarcimento (senza reintegra negli altri casi di licenziamento illegittimo: licenziamento per giustificato motivo oggettivo non manifestamente infondato, recesso collettivo senza rispetto della procedura sindacale, licenziamento disciplinare irrogato senza rispettare la procedura di legge, licenziamento comunicato senza la motivazione, licenziamento privo di giusta causa per illeciti commessi dal lavoratore ma non così gravi e non previsti dal contratto collettivo. L'indennità risarcitoria, ai sensi del nuovo quinto comma dell'art. 18, varia di regola tra le 12 e le 24 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, tenendo conto dell'anzianità del lavoratore licenziato, del numero dei dipendenti e delle dimensioni dell'attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti. La stessa indennità varia invece tra sei e dodici mensilità nel caso di licenziamento inefficace per violazione meramente formali o solo procedurali (mancanza di motivazione, violazione della procedura disciplinare o del nuovo procedimento per licenziamenti economici.

Le norme relative alle conseguenze del licenziamento illegittimo si applicano a tutti i datori di lavoro a prescindere dal numero dei dipendenti, per i licenziamenti orali o a carattere discriminatorio. Per gli altri recessi (per giustificato motivo soggettivo, oggettivo, o per giusta causa) si applicano invece solo ai datori di lavoro con più di 60 dipendenti complessivi, o con più di 15 dipendenti nell'unità produttiva interessata del licenziamento o nel relativo comune (5 per i datori di lavoro agricoli).

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