Tempestività dell’avvio del procedimento disciplinare | Studio Legale Menichetti

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Con sentenza n. 1040/2022 pubblicata il 25.11.2022, la Corte d’Appello di Milano ha riaffermato due cruciali principi in tema di tempestività della contestazione con cui prende avvio il procedimento disciplinare, confermando la valutazione del Giudice di prime cure che aveva ritenuto priva di pregio, nel caso ad esso sottoposto, l’eccezione della ricorrente volta a censurare il licenziamento per giusta causa intimatole per asserita violazione dell’art. 7 L. 300/1970.

Il caso

La vertenza trae origine da un licenziamento per giusta causa intimato ad una lavoratrice di società operante nel settore della grande distribuzione, alimentare e non alimentare, caratterizzata da una complessa organizzazione aziendale che si estrinseca, concretamente, nella gestione di centinaia di punti vendita e migliaia di dipendenti sul territorio nazionale.

Il fatto contestato all’ex dipendente, come accertato sia nel primo sia nel secondo grado di giudizio, pur essendosi esaurito in un’unica giornata lavorativa, costituiva una fattispecie complessa necessitante una valutazione attenta e globale della condotta da parte del datore di lavoro.

La lavoratrice impugnava il licenziamento censurando l’operato datoriale in punto di tempestività dell’avvio del procedimento disciplinare, rappresentando che a fronte di un episodio verificatosi nel mese di gennaio 2020, la lettera di contestazione disciplinare era stata predisposta e, conseguentemente, ricevuta solo nel successivo mese di marzo.

Tale circostanza, a suo dire, era lesiva del diritto di difesa garantitole per il tramite del succitato art. 7 Stat. Lav.

La soluzione della Corte d’Appello di Milano

Nel statuire sulla controversia la Corte milanese ha chiarito, innanzitutto, come per orientamento consolidato della Suprema Corte il principio d’immediatezza della contestazione dell’addebito debba essere inteso in senso relativo, specificando dunque come tanto l’immediatezza quanto la tempestività “condizionanti la validità del licenziamento per giusta causa sono compatibili con un intervallo temporaneo, quando il comportamento del lavoratore consti di una serie di fatti che, convergendo a comporre un’unica condotta, esigono una valutazione globale ed unitaria da parte del datore di lavoro”.

Ha, poi, aggiunto come sia altrettanto granitico l’orientamento giurisprudenziale tale per cui, premesso che il requisito di tempestività della contestazione è posto a tutela del lavoratore, nondimeno “un ritardo nella contestazione può costituire un vizio del procedimento disciplinare solo ove sia tale da determinare un ostacolo alla difesa effettiva del lavoratore”.

Facendo applicazione nella controversia esaminata di tali due principi, la Corte ha concluso per la congruità dell’arco temporale di un paio di mesi per avviare il procedimento disciplinare, argomentando altresì la decisione sulla scorta della “indiscussa complessità dell’organizzazione aziendale” della società datrice di lavoro, giustificante un “limitato scollamento tra la conoscenza del fatto” e la formulazione dell’addebito, nonché della specificità della contestazione disciplinare, da cui ha tratto l’insussistenza di un pregiudizio alla difesa della lavoratrice.

Osservazioni

La sentenza in commento non può che essere salutata con favore nel solco di quella giurisprudenza che, più o meno rigorosamente, si pone l’obiettivo di dare una configurazione al concetto di tempestività dell’avvio del procedimento disciplinare.

Essa, infatti, riaffermando la relatività del principio di immediatezza della contestazione disciplinare e la necessità di verificare, per far assurgere il ritardo a vero e proprio vizio inficiante il procedimento, la lesione del diritto di difesa del lavoratore, ricorda agli operatori del diritto quotidianamente coinvolti in fattispecie similari come la specificità del caso concreto (natura dell’illecito commesso, complessità dell’organizzazione aziendale ecc) debba essere valutata alla luce dei sopra riferiti principi ai fini di poter valutare se il datore di lavoro è stato o meno tempestivo nel formulare gli addebiti, senza con ciò dimenticare il rispetto dei canoni di correttezza e buona fede che devono, in ogni caso, informare l’operato datoriale. (ADO, CP)

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