Il welfare aziendale quale strumento negoziale di sintesi tra il benessere del lavoratore e l’incremento della produttività aziendale| Studio Legale Menichetti

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La legge di bilancio 2017 (L. 232/2016), proseguendo sul sentiero già tracciato dalla precedente legge di stabilità (L. 208/2015 e decreto interministeriale del 25.03.2016), è intervenuta in materia di welfare aziendale, introducendo rilevanti modifiche circa la detassazione dei premi di risultato ed i benefici riconosciuti ai lavoratori in esecuzione di contratti collettivi di secondo livello.

Di seguito, s’offrirà una sintetica panoramica delle più interessanti novità introdotte dal legislatore fiscale italiano nell’intento di favorire l’implementazione di forme flessibili d’organizzazione del lavoro (c.d. worklife balance), al fine di consentire alle imprese operanti sul territorio nazionale di raggiungere vantaggiosi obiettivi in termini d’aumento della produttività e della competitività.

La succitata legge di bilancio ha ampliato la platea dei potenziali beneficiari della c.d. premialità fiscale, aumentando da 50.000 ad 80.000 euro annui il limite massimo di reddito dichiarato dal lavoratore (per ora, del solo settore privato) nell’anno precedente a quello di fruizione del beneficio (il che permetterà anche alle categorie apicali dei lavoratori subordinati, quadri e dirigenti, di poter beneficiare di tale vantaggio fiscale).

Quanto all’ammontare del premio cui poter applicare la detassazione (leggasi, aliquota sostitutiva dell’IRPEF) al 10%, esso ammonta, nella generalità dei casi, ad € 3.000 lordi (con aumento, quindi, rispetto agli € 2.000 lordi, di cui alla previgente normativa), che diventano, in realtà, € 4.000 lordi (in luogo dei precedenti € 2.500 lordi) in caso d’accordi collettivi aziendali che prevedano il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro.

Inoltre, la L. 232/2016 ha aggiunto, a favore del lavoratore, la possibilità di scegliere beni e servizi in esenzione d’imposta in luogo del premio di produttività, secondo il principio di sostituibilità, in tutto o in parte, tra retribuzione monetizzabile e beni o servizi (cc.dd. fringe benefits), quali l’utilizzo d’autoveicoli aziendali anche per scopi personali, l’erogazione di finanziamenti, la concessione in locazione, in uso o in comodato, di fabbricati, etc.

In un’ottica d’assoluto favore sia per il datore di lavoro che per il lavoratore, la L. 232/2016 ha stabilito, poi, che non concorrono a formare reddito di lavoro dipendente, né potranno essere soggetti ad imposta sostitutiva nella misura del 10%, i contributi versati alle forme pensionistiche complementari, anche se superiori al limite di deducibilità previsto dalla legge, né quelli d’assistenza sanitaria versati a enti o casse aventi esclusivamente fini assistenziali, nonché le azioni distribuite alla generalità dei dipendenti, a condizione che queste non siano riacquistate, poi, dall’imprenditore (società emittente o datore di lavoro) ovvero cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla loro assegnazione.

Parimenti esclusi dalla base imponibile dei redditi da lavoro dipendente sono anche i contributi ed i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti (o di categorie di dipendenti) per prestazioni, anche in forma assicurativa, destinate a coprire il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o il rischio di contrarre gravi patologie.

Nel corso del 2017, il D.L. 50/2017 (convertito, con modificazioni, nella L. 96/2017) è intervenuto per meglio precisare alcuni aspetti già introdotti dalla citata legge di stabilità del 2016, che aveva esteso la detassazione dei benefici goduti dai dipendenti anche ai loro familiari, con riferimento a servizi educativi e d’istruzione anche nell’età prescolare (compresi i servizi di mensa ad essi afferenti), centri estivi o invernali (colonie climatiche) e ludoteche (a fini didattici) e l’introduzione dell’esenzione IRPEF anche per servizi e prestazioni assistenziali nei confronti di familiari anziani o non autosufficienti.

In particolare, il D.L. 50/2017 stabilisce che i lavoratori subordinati possono beneficiare dell’imposta sostitutiva del 10% fino ad un massimo di € 3.000 e che, nelle aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, non sarà più applicabile il maggior limite d’importo soggetto a detassazione (€ 4.000); ciò, però, a fronte del riconoscimento d’un minor costo per il datore di lavoro che risparmia il 20% di contribuzione su di un imponibile massimo di € 800 annui, somma sulla quale, peraltro, il lavoratore non subirà alcun prelievo contributivo.

Dal punto di vista strettamente operativo, va precisato che alle agevolazioni de quibus possono accedere solamente le aziende che abbiano stipulato accordi collettivi ex art. 51 del D. Lgs. 81/2015 (che prevedano l’erogazione di premi di risultato, anche d’ammontare variabile, legati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione misurabili e verificabili) in data successiva al 24.04.2017, mentre, per gli accordi stipulati anteriormente, continuano ad applicarsi le disposizioni della precedente legge di stabilità.

A tal fine, si segnala come sia sempre necessario procedere, in base a quanto previsto dal decreto interministeriale del 25.03.2016, al deposito, con modalità telematiche, entro i 30 giorni successivi alla sua sottoscrizione, del contatto collettivo de quo presso le sedi dell’Ispettorato del Lavoro territorialmente competenti.

Concludendo, sulla base della ricognizione normativa testé delineata e pur nella consapevolezza della possibilità d’attuare piani di welfare c.d. puro (ossia al di fuori dei confini delle norme di legge succitate o non contrattato con le OO.SS.), i principali beni e servizi che possono entrare a far parte di un piano di welfare aziendale a favore dei collaboratori possono riguardare le seguenti aree:

- contributi d’assistenza sanitaria integrativa e di previdenza complementare;
- opere e servizi aventi finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto;
- rimborsi spese per servizi di eduzione e istruzione;
- rimborsi di spese per assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti;
- beni e servizi in natura (buoni spesa, tessere carburante, ricariche ad utenze, etc.);
- rimborsi di interessi passivi sui mutui (EP-ET).

 

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