Licenziamento legittimo con condanna penale non definitiva| Studio Legale Menichetti

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Recesso datoriale possibile anche in relazione a fatti delittuosi estranei alla attività lavorativa.

La Corte di Cassazione ha di recente statuito la legittimità del licenziamento per giusta causa del lavoratore che sia stato condannato in sede penale per comportamenti delittuosi estranei alla attività lavorativa ma tali da far dubitare della sua affidabilità e far venir meno il rapporto di fiducia che deve necessariamente tra il datore di lavoro ed il suo dipendente.

Il recesso datoriale può essere di regola adottato quando la sentenza di condanna diventa definitiva; ma può intervenire anche prima del passaggio in giudicato se il fatto delittuoso è di particolare gravità e tale da rendere impossibile la prosecuzione anche temporanea del rapporto (cfr. ordinanza Cassazione n. 6937, depositata in data 20 marzo 2018).

Risulta così confermato l’orientamento della Suprema Corte secondo il quale la presunzione di non colpevolezza fino alla condanna definitiva, siccome sancita dal secondo comma dell'art. 27 della Carta repubblicana, concerne le garanzie relative all'attuazione della pretesa punitiva da parte dello Stato e non può quindi applicarsi, in via analogica o estensiva, all'esercizio da parte del datore di lavoro della facoltà di recesso per giusta causa in ordine ad un comportamento del lavoratore che possa integrare gli estremi del reato ed incida negativamente sul rapporto fiduciario .

Un orientamento affermato dalla Cassazione anche qualora il contratto collettivo di lavoro preveda il licenziamento disciplinare solo in correlazione ad una sentenza definitiva di condanna.

Il giudice davanti al quale sia impugnato un licenziamento disciplinare intimato per giusta causa a seguito del rinvio a giudizio o della condanna del lavoratore per gravi reati potenzialmente incidenti sul rapporto fiduciario - ancorché non commessi nello svolgimento del rapporto – non deve però limitarsi ad applicare la sentenza penale, che sia o meno passata in giudicata, ma deve accertare l'effettiva sussistenza dei fatti delittuosi e la loro idoneità a giustificare, per i loro profili soggettivi ed oggettivi, l'irrogazione di una sanzione disciplinare espulsiva (cfr., tra le tante, Cass. 21 settembre 2016 n. 18513 e Cass. 12 gennaio 2016 n. 281).

La sussistenza di una sentenza penale passata in giudicato non è - naturalmente ed a maggior ragione – necessaria per legittimare l’adozione del licenziamento disciplinare del dipendente che si sia reso responsabile di comportamenti penalmente rilevanti in occasione dell’espletamento delle sue mansioni lavorative (cfr., tra le molte, Cass. 28 settembre 2016, n. 19183 e Cass.18 febbraio 2015, n. 3238). (LC)

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