Cosa prevedono gli artt. 1 e 2 del decreto legge n. 11 del 2020
Ai sensi dell’art. 1 del D.L. 11/2020, da armonizzarsi coi D.P.C.M. 8 e 9 marzo 2020, sino al 31 marzo 2020, sono sospese le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari, con le eccezioni indicate all'articolo 2, comma 2, lettera g), che riguardano le cause riguardanti minori, alimenti e obbligazioni alimentari, tutele amministrazioni di sostegno, Trattamento sanitario obbligatorio, interruzioni volontarie di gravidanza, ordinanze contro abusi familiari ed espulsioni, nonché le cause inerenti la sospensione delle esecuzioni delle sentenze ex artt. 283, 351 e 373.
A quest’ultimo riguardo, si segnala come, nel richiamare espressamente solo gli artt. 283, 351 e 373 del codice di procedura civile, il legislatore faccia riferimento testualmente a “tutti i procedimenti la cui ritardata trattazione può produrre grave pregiudizio alle parti. In quest'ultimo caso, la dichiarazione di urgenza è fatta dal capo dell'ufficio giudiziario o dal suo delegato in calce alla citazione o al ricorso, con decreto non impugnabile e, per le cause già iniziate, con provvedimento del giudice istruttore o del presidente del collegio, egualmente non impugnabile”.
Appare francamente quanto meno dubbio che il predetto inciso, essendo inserito nel contesto delle procedure di sospensione delle esecuzioni in sede di impugnazione, possa concernere anche le cause di lavoro e segnatamente quelle inerenti i licenziamenti. Se così fosse, il legislatore avrebbe richiamato le norme relative alle procedure giuslavoristiche o comunque quanto meno previsto l’eccezione in questione in un punto autonomo e non in stretta correlazione con le citate procedure di sospensione delle esecuzioni.
Anche il richiamo ai “procedimenti cautelari aventi ad oggetto la tutela di diritti fondamentali della persona”, siccome inserito, sempre nella predetta lettera g), tra l’elencazione dei procedimenti relativi ad obbligazioni ed alimenti e quelli di adozione, interventi abortivi, interdizione, inabilitazione e similia, non appare riferibile alle cause in materia giuslavoristica, mai citate dal decreto legge in questione, anche in considerazione del fatto che il grave pregiudizio paventato dal legislatore non sembra poter derivare da un rinvio di poche settimane di una causa di lavoro, in considerazione della sussistenza di prestazioni a sostegno del reddito (quali la NASPI per i lavoratori licenziati) e del generale principio secondo il quale ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit. Della stessa opinione sembra essere anche la nota 2179 dell’11.3.2020 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, secondo la quale “le eccezioni inerenti i procedimenti civili elencati al n. 1 del citato art. 2, comma 2, lett. g) … non riguardano i procedimenti di competenza dell’INL”.
Si segnala peraltro come l’Ufficio di coordinamento dell’Organismo Congressuale Forense abbia indetto, sempre in relazione alla pandemia in corso, “l’astensione dalle udienze e da tutte le attività giudiziarie, in ogni settore della Giurisdizione, per il periodo di quindici giorni con decorrenza dal 6 e fino al 20 marzo 2020”.
L’astensione è stata qualificata quale “legittimo impedimento” a tutela della salute degli avvocati e di tutti i cittadini italiani in una lettera inviata dall’Avvocatura al Ministro della Giustizia (LC).