Obbligo di vaccino sul luogo di lavoro? | Studio Legale Menichetti

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Il datore di lavoro è tenuto a prescrivere al lavoratore di adottare il vaccino?
Il lavoratore è obbligato a vaccinarsi?
Come può reagire il datore di lavoro nel caso in cui il dipendente rifiuti di vaccinarsi?
Il lavoratore che non si vaccina può essere licenziato?

Il datore di lavoro è tenuto a prescrivere al lavoratore di adottare il vaccino?
Per cercare di rispondere al quesito dobbiamo preliminarmente considerare come, ai sensi dell’art. 2087 del codice civile e degli articoli 28 e 29 del Testo Unico Salute e Sicurezza n. 81/2008, il datore di lavoro abbia l’obbligo di adottare tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, siano necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Un obbligo che va assolto individuando e aggiornando tutti i rischi direttamente ricollegabili alla attività lavorativa ed all’ambiente di lavoro, che debbono essere adeguatamente considerati in un Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) atto a eliminare o ridurre i pericoli esistenti.
E’ indubbio che il suddetto DVR debba riguardare anche il rischio di contagio da Covid, al quale il nostro ordinamento ha riconosciuto - sia nell’ambito del lavoro pubblico che in quello privato - natura professionale con i vari DPCM e con l’art. 42, comma 2, del DL Cura Italia.
Del resto l’art. 266 del Decreto Legislativo 81/2008 (TU Salute Sicurezza) è chiaro nel prevedere come la normativa volta a tutelare la sicurezza e la salute sui luoghi di lavoro riguardi anche le attività lavorative nelle quali vi è rischio di esposizione ad agenti biologici quali i virus.
In queste situazioni il datore di lavoro è infatti tenuto a mettere a disposizione “vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente” (art. 279 TU) o a disporre l’allontanamento temporaneo del lavoratore.
Naturalmente – almeno per il momento - non avendo il datore di lavoro a disposizione i vaccini, non si pretende che li somministri. E’ sufficiente che ne prescriva l’adozione.

Il lavoratore è obbligato a vaccinarsi?
Ma che succede se il vaccino non è reso obbligatorio dal Legislatore, come attualmente il vaccino anti Covid?
Potrebbe il lavoratore rifiutare di vaccinarsi in nome del principio di libertà di cura sanzionato dall’art. 32 della nostra Costituzione, a norma del quale “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”?
Possiamo rispondere di no, in quanto le disposizioni di legge che impongono il vaccino, almeno sul luogo di lavoro, esistono. In primis, va invocato il già citato articolo 279 del Testo Unico, che fa obbligo al datore di lavoro di prescrivere l’adozione di vaccini ed al medico competente di informare il dipendente sulla opportunità di vaccinarsi. La norma non parla di vaccini obbligatori, ma fa riferimento a tutti quei vaccini che siano ritenuti efficaci dalla comunità scientifica in ottemperanza a quel principio di precauzione che informa il nostro ordinamento in una con l’obbligo generale di cui all’art. 2087 c.c. secondo il quale “L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
E, d’altro canto, ai sensi dell’art. 20 del più volte citato TU, anche il “lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.

Come può reagire il datore di lavoro nel caso in cui il dipendente rifiuti di vaccinarsi?
Qualora il lavoratore rifiutasse di vaccinarsi, ne potrebbe essere sicuramente disposto, col concorso dell’operato del medico competente, l’allontanamento temporaneo, ai sensi del combinato disposto degli artt. 279 e 42 del TU Salute e Sicurezza, pure con adibizione ad altre mansioni (anche, se del caso, inferiori, ma con diritto alla conservazione della qualifica e della retribuzione contrattuale).
Detto allontanamento potrebbe anche essere attuato col ricorso allo smart working o lavoro a distanza. Ma qualora non fosse possibile detta modalità lavorativa o il lavoratore non potesse essere adibito ad altra mansione e/o altro posto di lavoro nel quale non rischi di contagiare altri colleghi o terzi, se ne potrebbe disporre la sospensione, senza diritto alla retribuzione.
In effetti, come statuito dalla Suprema Corte (cfr. Cass. n. 11916/1999; ordinanza n. 14419/2019) in base agli artt. 1218 e 1256 c.c., l’obbligazione retributiva non permane affatto quando la sospensione del rapporto sia imputabile ad un fatto inevitabile e comunque estraneo alla volontà del datore di lavoro, come nel caso di una pandemia come quella in corso che ha già causato troppi morti e che solo il vaccino sembra in grado di scongiurare.
Del venir meno dell’obbligazione retributiva si può eventualmente dubitare solo qualora il lavoratore sia effettivamente impossibilitato a fare il vaccino per comprovate motivazioni mediche e di salute: in quanto allergico, fragile e/o immunodepresso. Nel qual caso l’art. 26 del Decreto legge 18/2020 prevede che i periodi di assenza dal lavoro possano essere equiparati al ricovero ospedaliero.

Il lavoratore che non si vaccina può essere licenziato?
In ogni caso, la sospensione del rapporto di lavoro non può proseguire all’infinito.
Il datore di lavoro paziente e/o ottimista, refrattario a rinunciare alla collaborazione del dipendente no vax, potrebbe attendere la fine della pandemia e/o il raggiungimento della cosiddetta immunità di gregge.
Ma un datore di lavoro meno comprensivo potrebbe anche licenziare il suo collaboratore, per motivi di carattere oggettivo e per impossibilità sopravvenuta della prestazione lavorativa (art. 1464 c.c.); oppure per motivazioni di carattere soggettivo e disciplinare riconnesse alla protratta violazione dell’ obbligo legale che, come sopra detto (cfr. artt. 20 e 279 citati), incombe sul lavoratore, di tutelare la sua e l’altrui salute nel rispetto delle disposizioni aziendali, con conseguente venir meno della fiducia datoriale nel suo futuro adempimento degli obblighi riconnessi al rapporto di lavoro. (LC – OC)

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