Il datore di lavoro che non ritiene di riconoscere una nuova rappresentanza sindacale aziendale non dovrebbe limitarsi a stare in silenzio di fronte a esternazioni, pretese e iniziative della stessa. Perché il suo silenzio potrebbe essere interpretato come assenso alla costituzione della nuova RSA: con conseguente riconoscimento a favore della stessa di tutte le prerogative previste dallo Statuto dei lavoratori (permessi, assemblee, locali, bacheca, ecc.).
Come è noto, possono costituire una RSA i sindacati che abbiano sottoscritto contratti collettivi (nazionali o aziendali) applicati nell’unità produttiva (come previsto dall’art. 19 della legge 300/70) e quelli che abbiano quanto meno partecipato, pur senza firmarli, alle trattative precedenti la loro stipula (come stabilito dalla sentenza 231/13 della Corte Costituzionale).
Ma nulla impedisce che il datore di lavoro possa riconoscere una RSA anche in mancanza dei suddetti presupposti giurisprudenziali e di legge. Può trattarsi di un riconoscimento esplicito, ma anche di un riconoscimento tacito, per fatti concludenti. Una RSA può cioè essere considerata esistente e validamente costituita anche in conseguenza del silenzio del datore di lavoro, cioè della sua mancata reazione alle iniziative ed alle pretese dei lavoratori e del sindacato che le hanno dato vita. Ma si deve trattare di atti o comportamenti che siano in maniera inequivocabile diretti ad affermare la sussistenza di una RSA. Può trattarsi di uno scambio di corrispondenza tra RSA ed azienda senza che quest’ultima contesti la valida costituzione della predetta (ma non basterebbe la lettera della segreteria territoriale del sindacato). Oppure della partecipazione dei dirigenti della RSA a trattative con il datore di lavoro (non sarebbe però sufficiente un incontro informativo con i dirigenti esterni del sindacato che pretende di aver costituito la rappresentanza aziendale).
Potrebbe essere considerato comportamento concludente la concessione dell’uso della bacheca e/o di locali aziendali e/o di permessi sindacali. Ma i permessi dovrebbero essere richiesti dai dirigenti della RSA e non dal dipendente in quanto dirigente locale o nazionale del sindacato, per partecipare a riunioni o assemblee della sua O.S..
In tutti i casi nei quali può essere ravvisato un comportamento concludente favorevole alla RSA, il datore di lavoro che dovesse in futuro negare alla stessa una delle prerogative previste dallo Statuto dei lavoratori rischierebbe di essere accusato di comportamento antisindacale per aver in precedenza implicitamente riconosciuto la RSA ricorrente (cfr. sentenza Corte d’appello di Milano n. 1756/17).
E’ quindi necessario che il datore di lavoro addotti nei confronti della RSA di nuova costituzione una linea chiara ed univoca: riconoscendola se ritiene di doverlo fare o di volersi comunque rapportare ad essa; altrimenti contestandone esplicitamente la legittimità, qualora non siano invece ravvisabili i presupposti costituitivi di legge (art. 19 legge 300/70) e giurisprudenziali (sentenza 231/13 della Corte Costituzionale) prima ricordati.
Da evitarsi il silenzio. Perché potrebbe essere scambiato per assenso. (LC)