Per il Tribunale di Monza non è sufficiente la sola trasmissione via pec, non avvalorata da firma digitale, della copia scannerizzata della lettera sottoscritta dal lavoratore
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Monza, con sentenza dello scorso 29.01.2020, ha dichiarato inammissibile un ricorso e decaduto il lavoratore dal diritto a impugnare il licenziamento, poiché la lettera impugnativa scannerizzata e inoltrata a mezzo pec tramite avvocato, non risultava firmata digitalmente dal lavoratore e/o dal legale. Il Giudice ha osservato che, secondo la normativa vigente (d.lgs 82/15), la scansione di impugnativa cartacea di licenziamento, essendo una mera copia per immagine su supporto informatico di un documento analogico, può avere validità ed efficacia di scrittura privata ai sensi dell’art. 2702 c.c., solo se: a) è sottoscritta dal lavoratore e/o dal difensore con firma digitale, o altro tipo di firma elettronica; b) è accompagnata da valida attestazione di conformità da parte di un notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato.
Questa recente sentenza suggerisce quindi di fare particolare attenzione circa il modo di formazione di un atto di rilevante importanza qual è l’impugnativa stragiudiziale di un licenziamento. Pertanto, se s’intende avvalersi del canale comunicativo della pec (strumento certamente comodo e sempre più diffuso utilizzo), è bene attenersi ai seguenti minimi passaggi: 1) assicurarsi che il cartaceo sia quanto meno firmato a mano dal lavoratore; 2) procedere con la scansione della lettera e firmarla digitalmente; 3) se la firma digitale è effettuata dal Legale, allegare alla pec anche la procura conferita dal cliente, sempre assicurandosi di firmarla digitalmente. (MB)