Contributi e conciliazione| Studio Legale Menichetti

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Contributi dovuti in caso di conciliazione per somme non erogate per un titolo autonomo dal rapporto intercorso

La Suprema Corte torna sull’assoggettamento a contribuzione delle somme erogate in via conciliativa a definizione di una causa di lavoro, ribadendo il principio secondo il quale la transazione intervenuta tra lavoratore e datore di lavoro è estranea al rapporto tra quest’ultimo e l’INPS, per cui il predetto Istituto può sempre contestare il titolo indicato dalle parti nel verbale giudiziale a legittimazione del versamento di somme di denaro.

Si considera, infatti, retribuzione soggetta a contribuzione, ai sensi dell’art. 12 della legge 153/1969, tutto ciò che il lavoratore riceve (in denaro o in natura) in dipendenza del rapporto di lavoro, con la sola eccezione, prevista dalla norma sopra citata, delle somme erogate quale incentivo all’esodo.

La Corte di Cassazione ha precisato anche che il principio appena esposto non trova però applicazione laddove risulti dimostrata la esplicita volontà dei contraenti di risolvere il precedente rapporto a tempo indeterminato e di costituire un nuovo rapporto a termine. Ciò può accadere solamente ove intervenga una novazione contrattuale, istituto che richiede il mutamento dell'oggetto o del titolo della prestazione, ai sensi dell'art. 1230 c.c., connotato però non solo dall'aliquid novi (cioè dalla nuova clausola contrattuale), ma anche dall'animus novandi  (inteso come manifestazione inequivoca dell'intento novativo) e dalla causa novandi (intesa come interesse comune delle parti all'effetto novativo) (in questo senso si veda anche Cass. 9.03.2010 n. 5665 e Cass. 12.03.2010 n. 6081).

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