La reintegra è una eccezione. La tutela risarcitoria è la regola| Studio Legale Menichetti

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L’orientamento della Suprema Corte sull’articolo 18, come novellato dalla legge Fornero

La Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza numero 1891 del 28 gennaio 2020, ha ribadito l’orientamento secondo il quale la valutazione di non proporzionalità del licenziamento disciplinare rispetto al fatto contestato ed accertato può comportare la reintegrazione del lavoratore, ai sensi dell’art. 18, comma 4 dello Statuto dei Lavoratori, solo nell’ipotesi in cui lo scollamento tra la gravità della condotta realizzata e la sanzione adottata risulti dalle previsioni dei contratti collettivi, che alla infrazione disciplinare facciano espressamente corrispondere una sanzione conservativa. Al di fuori di tale caso, la sproporzione tra la condotta e la sanzione espulsiva rientra nelle “altre ipotesi” previste dal quinto comma dell’art. 18 per le quali è prevista la sola tutela indennitaria.

La novella introdotta dalla cosiddetta legge Fornero (n. 192 del 2012), riconsiderando con minor favore l’istituto della reintegra, ha infatti introdotto una graduazione delle ipotesi di illegittimità della sanzione espulsiva dettata da motivi disciplinari, ponendo come regola la tutela risarcitoria, da ritenersi espressione, secondo la volontà del legislatore, di “una valenza di carattere generale” (Cass. S.U. 27 dicembre 2017, n. 30985).

La tutela reintegratoria costituisce invece l’eccezione alla ratio del nuovo regime, potendo essere riconosciuta solo nei casi di illegittimità di maggiore evidenza, che presuppongono l’abuso consapevole del potere disciplinare da parte del datore di lavoro, correlato alla evidente illegittimità del provvedimento espulsivo, siccome derivante dalla insussistenza del fatto contestato oppure dalla chiara riconducibilità dello stesso nell’ambito di una fattispecie prevista da una norma collettiva e ritenuta dalle parti sociali inidonea a giustificare l’espulsione del lavoratore. (LC)

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