Lavoro subordinato e qualifica di socio o amministratore| Studio Legale Menichetti

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Un messaggio dell’INPS definisce i criteri di compatibilità

La costante giurisprudenza della Suprema Corte ha da tempo statuito che l’essere titolare della carica sociale di una persona giuridica non osta di per sé alla configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato tra la medesima ed il suo socio o amministratore, quando tale rapporto sia caratterizzato dall’assoggettamento di quest’ultimo al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione dell’ente (cfr. per tutte Cassazione civile, sez. lav., 17/11/2004, n. 21759).

Nel richiamarsi al predetto orientamento giurisprudenziale, l’INPS ha emanato il messaggio n. 3359 del 2019, con il quale ha definito i criteri di compatibilità tra subordinazione e titolarità di cariche sociali, con particolare riferimento alle posizioni del socio, del presidente del Consiglio di amministrazione, dell’amministratore delegato e dell’amministratore unico.

La sussistenza della subordinazione va rigorosamente comprovata ed accertata caso per caso e può essere apprezzata quando l’amministratore svolga in concreto attività lavorative estranee a quelle istituzionalmente correlate alla carica attribuitagli e sia assoggettato al potere direttivo, disciplinare e di controllo di un altro soggetto, individuale o collettivo che sia.

Il socio, il membro del consiglio di amministrazione e persino il presidente di quest’ultimo organismo possono in astratto intrattenere un rapporto di lavoro subordinato con la società di capitali.

Per l’amministratore delegato si dovrà invece porre particolare attenzione alla portata della delega conferitagli dal Consiglio di amministrazione. La configurabilità della subordinazione è invece da escludere per il socio unico e l’amministratore unico, che non appaiono affatto assoggettabili alle direttive ed al controllo di terzi. (LC)

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