Per la Cassazione il patto di prova si può ripetere.
Nelle successioni nell’appalto, ma anche tra le medesime parti stipulanti
Con ordinanza 11 luglio 2018, n. 18268, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento intimato nel corso del periodo di prova ex art. 2697 c.c., a lavoratore che aveva già reso in precedenza prestazioni con mansioni di eguale contenuto a favore di un diverso datore di lavoro e nell’ambito del medesimo contratto di appalto, nel quale il datore di lavoro recedente era succeduto.
Infatti, nel lavoro subordinato, il patto di prova tutela l’interesse di entrambe le parti a sperimentare la convenienza del rapporto tra loro intercorrente. Per cui il nuovo datore di lavoro ha il diritto di verificare, oltre alle qualità professionali, anche il comportamento e la personalità del lavoratore in relazione all’adempimento della prestazione, trattandosi di elementi suscettibili di modificarsi nel tempo per molteplici fattori, attinenti alle abitudini di vita o a problemi di salute (cfr. anche Cass. n. 15059/015).
Quindi il patto di prova è legittimamente stipulato anche se la suddetta verifica sia già intervenuta in passato, con esito positivo, per le stesse mansioni e per un congruo lasso di tempo. E non solo nel caso di rapporti di lavoro relativi a diverse aziende succedutesi nel medesimo appalto, ma anche in presenza di più contratti stipulati con lo stesso datore di lavoro.
La Suprema Corte non ha infatti mancato di richiamare il suo orientamento secondo il quale la ripetizione del patto di prova è ammissibile anche in successivi contratti di lavoro tra le medesime parti qualora in base all’apprezzamento del giudice di merito, vi sia la necessità per il datore di effettuare le verifiche alle quali sopra abbiamo fatto cenno (Cass. n. 15059/015). (LC)