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10 Aprile 2025

Passato, presente e futuro del diritto sindacale – Intervista avv. Claudio Damoli

Lo studio Menichetti può vantare quasi quarant’anni di esperienza nei settori del diritto del lavoro e della previdenza sociale, sindacale e sui contratti di distribuzione commerciale. Cosa è cambiato, soprattutto dal punto di vista normativo, in questi decenni?
Il diritto del lavoro ha avuto e sta avendo una grossa evoluzione. Il diritto del lavoro degli anni ’60 e ’70, fu costruito su alcune grandi leggi che segnavano il passaggio da una fase di diritto giurisprudenziale e poco scritto, quantomeno con riferimento alla disciplina del rapporto di lavoro, alla fase delle normazione dei fenomeni più importanti, ricordo la legge sui licenziamenti del 1966, ma prima ancora la legge sull’intermediazione di manodopera del 1960, ora abrogata dalla Legge Biagi, la legge sulla tutela dei diritti sindacali in azienda, il c.d. Statuto dei lavoratori, del 1970, e la legge sulla tutela della maternità del 1971 e nel 1977, recependo già allora una Direttiva Comunitaria, una delle prime leggi sulla discriminazione uomo donna, per alcuni versi misconosciuta ed invece potenzialmente molto efficace.
Negli stessi anni si costruiva anche l’intelaiatura moderna del diritto previdenziale, peraltro già in essere con una grande tradizione normativa se solo si consideri che ancora oggi la struttura del rapporto previdenziale attinge ad una solida normativa del 1936.
Ci fu, infatti, una importante e ancora vigente legge del 1969 per la disciplina del rapporto previdenziale e il Testo Unico sugli infortuni del lavoro nel 1965.
Passata questa stagione, però, durante la quale il legislatore dava l’impressione di avere sufficiente chiarezza in merito ai propri obiettivi, buoni o cattivi che fossero, si è avuta quella che io considero una legislazione assolutamente inadeguata e sempre dettata da una sorta di “emergenza” continua, con il legislatore che invece di segnare i tempi dello sviluppo normativo in un quadro organico, ha invece iniziato ad inseguire i problemi, con esiti nefasti sia sotto il profilo di una legislazione priva di impianto sistematico utile per l’interprete al fine di risolvere i nodi della quotidiana applicazione concreta delle norme, sia sotto il profilo della tecnica di redazione del testo normativo. Non a caso, infatti, fondamentali passaggi di normazione del diritto del lavoro e soprattutto del diritto previdenziale, con la sola eccezione, forse, della riforma del 1995, sono avvenuti con inserimento di decine di commi in maniera disorganica nel contesto delle leggi finanziarie di fine anno.
Una vera iattura per l’interprete prima che per il cittadino e, per noi avvocati giuslavoristi, una fatica immane nella ricerca di risposte adeguate alle esigenze di certezze che la clientela giustamente ci sottopone nella quotidianità del nostro lavoro. Le imprese, infatti, chiedono di potere operare con sufficienti margini di certezza in relazione alla legittimità della propria azione nei rapporti con i lavoratori, oltre che nelle relazioni sindacali, ma nella congerie di norme sovrapposte ed a volte contraddittorie, alle quali si sovrappone un diritto giurisprudenziale che spesso non ha statura sufficiente a dirimere i problemi interpretativi più scottanti, è davvero difficile dare risposte adeguate ed affidabili. In realtà, infatti, laddove, nel bene o nel male, sino alla fine degli anni ’80, e prima quindi che entrassero a regime tutte le innovazioni normative e giurisprudenziali di quegli ultimi anni, si poteva con sufficiente tranquillità dare delle risposte, dopo è diventato molto più difficile distinguere in termini certi ciò che era legittimo e ciò che non lo era. Questa situazione si è aggravata negli anni ’90, anche a fronte di una ulteriore sovrapproduzione di norme dettata dalla necessità, apparente dico io e per molti casi, di adeguamento del nostro ordinamento all’ordinamento comunitario.
Caso emblematico, a questo proposito, è infatti il contenzioso relativo alle indennità di fine rapporto nel contratto di agenzia, contratto di assoluto rilievo nell’ambito dei contratti c.d. di distribuzione e del quale il nostro Studio da sempre si occupa per affinità processuale con il diritto del lavoro classico, in quanto spesso il contenzioso dell’agente si propone avanti il Giudice del Lavoro. Negli anni ’90, infatti, si consolidò un rilevantissimo filone di contenzioso sostanzialmente dovuto al recepimento in Italia di normative non coerenti con la nostra tradizione giuridica che già da molti anni prevedeva ampie tutele per gli agenti, che già dagli anni ’30 nel nostro paese potevano contare anche su un consolidato fenomeno di sindacalizzazione. Per quanto riguarda il diritto del lavoro, invece, fonte di grossa incertezza fu (ma in buona parte è tuttora, pur dopo un raffazzonato intervento normativo sul punto) la questione relativa alla indennizzabilità a carico dell’azienda del danno biologico da infortunio, pur a fronte di una assicurazione infortuni obbligatoria per legge e conseguenti prestazioni a carico dell’INAIL. Ciò che, però, rende la situazione davvero desolante è scoprire che, a distanza di quasi 20 anni dall’esplodere di questi fenomeni, e pur dopo molteplici interventi normativi e di contrattazione collettiva su entrambi i casi che ho preso ad esempio di difficoltà interpretativa, il nocciolo dei problemi è ancora sul tavolo irrisolto, tant’è che si parla di nuovo intervento normativo in tema di risarcibilità del danno biologico da infortunio.

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